Trento, 21 marzo 2002
BOATO ACCUSA: LO AVEVANO LASCIATO SOLO
Marco Boato accusa il governo: “Sapevano che Biagi era un bersaglio dei terroristi.
Il sindacato non rinunci alla lotta"
Intervista a Marco Boato dell’ Alto Adige di giovedì 21 marzo 2002
Marco Boato l'aveva letta da qualche giorno, quella relazione dei servizi segreti che avvisava: c’è il rischio di attentati a politici, sindacalisti, imprenditori impegnati nella riforma del mercato del lavoro “e segnatamente” a “tecnici e consulenti”. “Il governo aveva fatto quasi l’identikit del professor Biagi – dice il presidente del gruppo misto alla Camera dei deputati – ma con l’altra mano non gli ha dato una scorta. Questo è enormemente grave. Anche se non inverte le responsabilità di questo omicidio, che sono dei terroristi». Boato è uno dei politici italiani che hanno studiato di più il fenomeno del terrorismo, a partire dal primi anni Settanta. In Parlamento ha fatto parte della commissione.stragi ed è stato relatore, fra l'altro, sul terrorismo in Alto Adige.
Giudica convincente quanto ha riferito alla Camera il ministro degli interni Scajola?
No, perché è riduttivo scaricare su quattro comitati provinciali per l'ordine pubblico la responsabilità dell'aver tolto la scorta non a un cittadino qualunque ma a un consulente del governo.
Dunque c'è una responsabilità del Viminale?
Ripeto: la responsabilità dell'omicidio è solo dei terroristi. C'è poi un problema che riguarda lo Stato: questo governo non ha saputo garantire tutela a una persona a rischio. Ma quello di Casarini, che parla di delitto di Stato, è puro vaniloquio.
Ormai appare certo: sono state le Brigate Rosse.
Non avevo dubbi nemmeno prima della rivendicazione. È un omicidio firmato.
Qual è il movente? Creare tensione alla vigilia della manifestazione sull’articolo 18?
Esasperare lo scontro sociale.
Quale dev’essere la reazione dei sindacati?
Fare la manifestazione. Annullarla sarebbe il più grande regalo ai terroristi. Non c’è nessun legame diretto fra questo atto di terrorismo e la contrapposizione politico-sindacale. Aggiungo però che tutti, in entrambi gli schieramenti, hanno il dovere di moderare il linguaggio.
Che differenza c'è fra nuove e vecchie Br?
Queste Br per la costruzione del Partito comunista combattente sono molto ridimensionate rispetto a quelle degli anni '70 e dei primi anni '80. E non hanno più nessun'area di consenso. In cinque casi (il ferimento di Giugni, gli omicidi Tarantelli, Ruffilli, D’Antona e Biagi) hanno colpito persone prive di qualunque protezione. Segno che non sarebbero più in grado di ripetere un’operazione come il rapimento e il delitto Moro.
C’è il rischio di una ripresa del terrorismo su larga scala?
No. Queste BR-Pcc sono un fenomeno pericoloso ma residuale. Non sono le uniche. Nel Nordest, ad esempio, ci sono gruppi come i Nuclei territoriali antimperialisti, o i Nuclei di iniziativa proletaria, che compiono piuttosto attentati alle cose. Ma nella società di oggi non ci sono più le condizioni per una ripresa del terrorismo come negli anni di piombo. Mentre c’è il rischio, anche in Italia, di un terrorismo di matrice internazionale.
Nel merito dell’articolo 18, cosa pensa?
Come hanno detto Agnelli e Billè, ha assunto un significato simbolico che va al di là della sua portata concreta. Da parte del governo, sarebbe saggio sgombrare il campo da questo argomento. Almeno per ora.
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